Il futuro è oggi: etica, economia e giovani al centro del cambiamento
Ci sono eventi che non servono a riempire un calendario, ma a fermare il tempo per un attimo e guardarlo in faccia. L’incontro «Il futuro è oggi: etica, economia e giovani al centro del cambiamento», tenuto presso l’Istituto di Studi Superiori sulla Donna (APRA), è stato uno di questi: più che un convegno, una domanda collettiva.
L’incontro si è aperto con le parole di Anita Cadavid, che ha ricordato come il futuro economico non possa esistere senza futuro umano, e come investire nei giovani non sia un atto facoltativo ma una responsabilità di Paese. Da lì, grazie alla moderazione attenta e empatica di Adele Ercolano, le voci si sono intrecciate con naturalezza, trasformando il confronto in un dialogo unitario. In questo contesto si è inserita la presentazione del libro «Etica ed Economia» di Daniele Damele, che ha riportato il concetto di crescita al suo fondamento etico: un’economia che produce valore solo se non esclude, se non lascia indietro, se genera opportunità e non solo rendimenti. È stato Guelfo Tagliavini a proseguire il ragionamento portandolo nel mondo dell’impresa, ricordando che innovazione e industria non hanno futuro se non poggiano su una base valoriale solida.
Da lì si è aperto un confronto vivo, concreto. Non sulla teoria, ma sulla vita reale dei ragazzi.
Il dott. Michele Petrocelli ha evidenziato come nella “cassetta degli attrezzi” dei giovani oggi devono esserci tre strumenti fondamentali — la capacità di immaginare il proprio futuro, quella di comprendere la tecnologia e quella di pensare lateralmente. Perché avere competenze non basta, se non sappiamo dove portarle.
E poi è arrivata una riflessione che ha attraversato la sala:
studiamo più a lungo, cambiamo più spesso, abbiamo più opzioni che mai. Eppure la transizione tra studio e lavoro resta la più fragile.
Non perché i giovani non siano pronti, ma perché spesso non trovano mani tese, direzioni chiare, luoghi che li accompagnano senza lasciarli soli dopo l’entusiasmo iniziale.
A quel punto è intervenuta Ilaria Ricci, Fondazione Italia Digitale, con un messaggio netto e umano allo stesso tempo:
«Ai giovani non serve assistenza, serve corresponsabilità. Abbiamo bisogno di un modello adulto che non risolva al posto nostro, ma che cammini accanto con solidità, come un Coach Carter capace di cambiare la traiettoria di una vita non con slogan, ma con presenza, disciplina e fiducia. Il futuro non si attende: si accompagna. Non basta dire “credici”, se non costruiamo luoghi dove un ragazzo possa bussare quando sbaglia, quando cade, quando si sente perso. La promessa non è che non fallirà mai, ma che non dovrà farlo da solo.»
Ed è forse questa la frase che resta più nel corpo, non solo nella mente.
Perché il vero cuore dell’incontro è stato questo: non parlare dei giovani, ma costruire con i giovani. Non servono slogan, serve presenza. Serve orientamento, serve continuità, serve qualcuno
che resti. Serve un patto generazionale nuovo, leggero ma profondo: ti accompagno finché impari a camminare da te. Se questo accade, anche a piccoli passi, allora sì. il futuro non sarà qualcosa da attendere. Sarà qualcosa da abitare. E comincerà qui. Non domani. Oggi.




